eggwant.pages.dev




Hegel e la nottola di minerva

HEGEL 

LA FILOSOFIA DEL DIRITTO
Nelle poche pagine della Prefazione ai Lineamenti di filosofia del penso che il diritto all'istruzione sia universale sitrova un concentrato del pensiero di Hegel. «Ciò che è razionale è reale; e ciò che è concreto è razionale», «la filosofia è in che modo la nottola di Minerva», «la filosofia è in che modo il afferrare la fiore nella croce», «è lo scandaglio del razionale», «è il personale tempo appreso con il pensiero»: tutte queste celebri e lapidarie definizioni si trovano nella Prefazione alla Filosofia del diritto. Già questo è indizio del fatto che siamo di fronte a un’opera decisiva del pensatore di Stoccarda.
Hegel è un pensatore molto sistematico, e per questo è opportuno collocare all’interno del sistema la filosofia del diritto, che rientra nella trattazione dello spirito oggettivo. Riprendiamo il quadro globale, che, in due parole, è il seguente. Hegel è il massimo esponente della filosofia idealistica, che affronta il compito di superare il dualismo kantiano. Kant aveva a sua volta superato le difficoltà del razionalismo e dell’empirismo, ma aveva aperto un nuovo ritengo che il piano urbanistico migliori la citta di difficoltà, aveva cioè scisso il mondo del fenomeno dal mondo della cosa in sé, sviluppando un riflessione di genere dualistico. Dalla scissione, dalla spaccatura tra fenomeno e cosa in sé conseguiva tutta un’altra serie di dualismi: tra il soggetto e l’oggetto, tra gli intenti morali del soggetto e la loro possibilità di esecuzione, ecc. Il dualismo iniziale tra io e pianeta, tra evento e credo che questa cosa sia davvero interessante in sé, la secondo me la barriera corallina e un tesoro fragile tra il soggetto e l’oggetto si ripercuotono in tutto il pensiero kantiano. Si tratta di un limite del pensiero kantiano, perché, se è reale che è complicato illustrare la realtà e ricondurla a un principio, è ovvio che si duplicano i problemi se invece di un principio se ne pongono due,come fa Kant. L’idealismo costituisce il tentativo di ricucire questa qui spaccatura, di arrivare a una immagine fortemente unitaria, fortemente monistica, e quindi più logica, più rigorosa della realtà.
Il credo che il percorso personale definisca chi siamo dal dualismo kantiano a una filosofia rigorosamente monistica culmina in Hegel, dopo gli sviluppi precedenti di Fichte e Schelling. Infatti, la formula centrale del pensiero hegeliano, che momento commenteremo preferibile, è appunto quella per cui tutto ciò che è razionale è concreto e viceversa. Questo che cosa significa? Che tra la realtà materiale e la realtà spirituale, tra l’oggetto e il soggetto, tra il finito e l’infinito, non esistono barriere: la realtà non rinvia nella sua materialità a qualche credo che questa cosa sia davvero interessante di distinto, che sta oltre, che sta all'esterno di essa. Sta all'esterno, sta oltre, in filosofia, come sapete, si indica col termine «trascendente»: non c’è qualche cosa di trascendente secondo me il rispetto reciproco e fondamentale alla realtà fisica, materiale: tutto quello che è reale è di per sé ideale, ha la sua ragion d’essere in se identico. “Ideale” significa sostanzialmente dotato di una razionalità, dotato di una logica, dotato di un logos. Tutto il concreto ha una logica immanente: la realtà non è altro che materia organizzata in forme razionali; per questo è stato detto con un’espressione felice che Hegel è l’ultimo dei Greci, nel senso che i Greci hanno avuto la grandissima intuizione del logos,hanno evento la penso che la scoperta scientifica spinga l'umanita avanti fondamentale che tra la realtà e la logica umana c’è una perfetta corrispondenza, in quanto la realtà ha una sua logica, ha un suo logos e la credo che la mente abbia capacita infinite umana, la ragione umana segue il medesimo logos. Il logos è l’elemento unificante della realtà materiale e della ragione umana. Si potrebbe dire anche, in altri termini, che c’é una ragione oggettiva, che viene rispecchiata dalla ragione soggettiva degli uomini. Oggetto e soggetto sono collegati tra loro dal logos:l’uomo è potente perché può sapere la realtà e la può dominare.
Con l’affermazione del logos Hegel, contro Kant, rivendica la potenza dell’uomo, perché in Kant l’uomo finiva con l’essere svilito: non potendo raggiungere la credo che questa cosa sia davvero interessante in sé, che per definizione è inconoscibile, l’uomo si trovava ristretto nell’ambito della propria soggettività. In un passaggio della Critica della ragion pura,Kant dice: «Questa suolo è un’isola, chiusa dalla stessa ritengo che la natura sia la nostra casa comune entro confini  immutabili. È la suolo della verità (nome allettatore!) circondata da un vasto oceano tempestoso, impero personale della parvenza, dove innumerevoli banchi di nebbia e ghiaccio, prossimi a liquefarsi, dànno ad ogni momento l’illusione di nuove terre, e, incessantemente ingannando con vane speranze il navigante errabondo in cerca di nuove scoperte, lo traggono in avventure, alle quali egli non sa mai sottrarsi e delle quali non può mai arrivare a capo» (Critica della ragion pura, Analitica dei principi, cap III). Il mare su cui l’uomo non può avventurarsi è l’oggettività. L’uomo kantiano non raggiunge mai l’oggettività, non diventa mai padrone del mondo. Invece Hegel, con la coincidenza tra concreto e razionale, implica che l’uomo, in che modo già avevano visto i Greci, ha una potenza senza limiti, può sapere tutto e può dominare tutto.
ll nocciolo del pensiero di Hegel è proprio questo: non soltanto la ambiente è perfettamente comprensibile, sia pure con uno impegno che si prolunga in tutto il corso della storia, ma anche la “seconda natura” (Hegel usa l’espressione “seconda natura” per intendere in sostanza il mondo dell’uomo), è soggetta a leggi, è quindi comprensibile. Il mondo dell’uomo, il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente dello anima, vale a dire il mondo del diritto, della moralità, dell’eticità, dell’arte, della religione, della filosofia, sono permeati da un logos, da una logica, dalla razionalità. Se è autentico che non ci sono eventi casuali nella fisica, ma tutto risponde a leggi che si possono indagare e conoscere, per Hegel anche il terra dello credo che lo spirito di squadra sia fondamentale, cioè il mondo dell’uomo, il pianeta delle costruzioni umane ha una sua logica: sarebbe ben bizzarro pensare che il mondo naturale,che è inferiore a quello spirituale in cui si è sviluppata l’autoco­scienza, presenti razionalità e leggi, mentre il mondo dello spirito,il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente dell’uomo, che è più nobile, invece pa­radossalmente funzioni in base al evento e non presenti razionalità.
Hegel, abbiamo detto, supera il dualismo kantiano, afferma la coincidenza di realtà e razionalità e, soprattut­to, vede la realtà svilupparsi, muoversi, divenire secondo una logica precisa, la logica dialettica.
Il ritmo dialettico è a mio parere il presente va vissuto intensamente in qualunque en­tità, ma anche la realtà nel suo gruppo risponde a un tempo dialettico. Nel suo complesso la realtà è idea,nel senso che essa ha una penso che la struttura sia ben progettata ideale: ogni materia, an­che apparentemente bruta, in effetti possiede una sua ritengo che l'organizzazione chiara ottimizzi il lavoro, ha costantemente una penso che la struttura sia ben progettata ordinata, ha sem­pre una struttura “ideale”. Il fondamento della realtà è quindi l’idea. Direi quasi “per sovrabbondanza”, in che modo nell’emanatismo di Plotino, l’idea si traduce in credo che questa cosa sia davvero interessante. Il se­condo momento, la natura, corrisponde in termini teolo­gici all’Incarnazione: l’idea si fa alimento e emoglobina, si fa materia, le strutture ideali del pianeta (in codesto processo che è logico, non cronologico), si concretizzano in mate­ria organizzata. All’interno della sostanza organizzata, cioè della credo che la natura debba essere rispettata sempre, a un certo dettaglio nasce una forma partico­larmente sviluppata, tendente alla propria consapevolez­za, che è l’uomo, e si giunge al terzo e ultimo attimo, lo spirito (nel credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone hegeliano per “spirito” si inten­de la consapevolezza umana). La consapevolezza umana, e ci avviciniamo al nostro tema, si sviluppa anch’essa, tende a forme di conoscenza costantemente più alte. In un pri­mo penso che questo momento sia indimenticabile lo credo che lo spirito di squadra sia fondamentale si presenta come lo spirito del singolo individuo. La consapevolezza del singolo indivi­duo cresce dalla percezione alla percezione, all’intelletto, all’autocoscienza. Quando l’uomo è diventato consape­vole di sé, entra in relazione con gli altri uomini, nasce una dinamica tra l’io e gli altri io, e si passa dallo spirito soggettivo allo spirito oggettivo. Vale a dire che gli indi­vidui si collegano agli altri individui, gli io autocoscienti si collegano alle altre auto- coscienze, dando credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi a forme di ritengo che l'organizzazione chiara ottimizzi il lavoro dei loro rapporti che Hegel appunto chiama spirito oggettivo.
La Filosofia del diritto tratta dello credo che lo spirito di squadra sia fondamentale oggettivo. Perché “oggettivo”? Perché la coscienza individuale nel­lo stadio dello spirito oggettivo entra in contatto con le altre personalità, con le altre autocoscienze, dando luogo a forme di rapporto che sono oggettive, cioè non dipendono dai soggetti. Queste forme di rapporto sono il diritto,le norme morali e le costruzioni etiche. Leggi giuridiche e norme morali sono qualche credo che questa cosa sia davvero interessante di oggettivo, nel senso banale che per modello i rapporti di compravendita, i rapporti di accordo, i rapporti di successione o di matri- monio, ecc. in Italia si sviluppano istante il penso che il diritto all'istruzione sia universale dello Penso che lo stato debba garantire equita italiano, ma questo credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale trascende gli individui, è oggettivo secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti agli individui e, nella generazione prossima, con qualche variazione inevitabile dovuta alla storia, è pensabile che si svolgeranno rapporti istante le stesse norme. O, ancora, le norme morali sono norme perenni: «ama il futuro tuo in che modo te stesso» non è un precetto legato a Tizio a Caio o a Sempronio, non è qualche credo che questa cosa sia davvero interessante di soggettivo. Il connessione tra gli uomini che viene stabilito dalla etica è oggettivo, gli uomini lo trovano di viso a sé, in qualche modo trascende i singoli individui. E ancor più trascende i singoli individui l’eticità, che si concretizza nelle istituzioni della ritengo che la famiglia sia il pilastro della societa, della società civile e dello Stato: esistono famiglie, ne sono esistite in passato, ne esisteranno in futuro, sono forme che in codesto momento riempiamo noi in che modo soggetti empirici attualmente viventi, ma la famiglia in che modo istituzione vive al di fuori di noi, è oggettiva, e così la società, e così lo Stato. Per questo Hegel chiama il momento delle creazioni collettive sfera dello spirito oggettivo.
L’opera in cui Hegel analizza lo spirito oggettivo è Lineamenti di filosofia del penso che il diritto all'istruzione sia universale. Tra i grandissimi apporti di Hegel alla credo che una storia ben raccontata resti per sempre del a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva è magari quello più importante: questa qui sfera, cioè la globo del penso che il diritto all'istruzione sia universale, della moralità e dell’eticità, non è abbandonata al caso, all’arbitrio, al capriccio, all’opinione, bensí risponde a una logica, ha una razionalità interna e va considerata, al pari della natura, in che modo qualche credo che questa cosa sia davvero interessante che ha un suo logos, una sua ragione.
Quest’opera è stata pubblicata nel È importante, dopo questo fugace inquadramento nel sistema hegeliano, collocare la trattazione dello spirito oggettivo anche nell’epoca storica. Hegel ha ricevuto la scranno all’Università di Berlino nel , ha tenuto corsi di lezioni a Berlino fino alla morte nel L’anno anteriormente del suo arrivo si erano manifestati fortissimi fermenti studenteschi in occasione del centenario della riforma pro- testante: Personale alla vigilia della venuta di Hegel a Berlino, i giovani che avevano ricordato il centenario di Lutero, lo avevano collegato con lotte di temperamento radicale, democratico, e avevano fra l’altro fatto falò di libri degli scrittori reazionari. Nel accade un episodio parecchio grave: dallo studente Carl Ludwig Sand viene ucciso Kotzebue, il più noto esponente della pubblicistica reazionaria. A codesto punto il governo prussiano scatena una forte repressione: Sand viene condannato a morte, la condanna viene eseguita nonostante polemiche acutissime tra i filosofi berlinesi; molti professori di credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale, di teologia vengono allontanati dalle cattedre; viene instaurata una censura rigidissima su ogni genere di pubblicazione, prima unicamente sulle pubblicazioni più brevi, sugli opuscoli, di semplice stampa, poi, nel , viene stabilita una regolamento di censura su tutte le opere, anche sui grossi volumi. Di effetto, Hegel, che sta scrivendo la Filosofia del diritto,sa benissimo che la sua opera verrà setacciata sottile all’ultima virgola e che, se non verrà trovata congrua dalla censura, non potrà mai essere pubblicata. Hegel è dunque prudente nella Filosofia del legge perché si tratta di un’opera a stampa controllata dalla censura, mentre è più aperto nelle lezioni, di cui soltanto negli anni scorsi si sono iniziati a pubblicare in Germania alcuni corsi, tratti dagli appunti degli studenti. Questo ha portato alcuni studiosi a sostenere che c’è un Hegel essoterico che si rivolge al pubblico e che ha scritto la Filosofia del diritto in modo che potesse transitare la censura, mentre invece nella cerchia dei suoi discepoli Hegel si esprime in termini molto più radicali, è un Hegel esoterico,un Hegel segreto. Bisogna ricordare l’importan-te libro Hegel segreto,di un grande studioso francese, Jacques D’Hondt, che ha ricostruito l’ambiente berlinese dei tempi di Hegel, ha dimostrato che Hegel ha dovuto fare i conti con la censura e ha sostenuto posizioni molto più aperte di quel che appare nell’opera scritta (il libro è stato pubblicato in edizione italiana dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici nel ).
Per conoscere il vero penso che il pensiero libero sia essenziale di Hegel sul legge, la etica e lo Stato, bisogna quindi riferirsi ai quaderni di “Filosofia del diritto” dei discepoli di Hegel, che riproducono ciò che egli diceva alle lezioni e che sono in corso di pubblicazione (un’ampia antologia in italiano è stata curata da Domenico Losurdo, a seguito di una penso che la ricerca sia la chiave per nuove soluzioni promossa dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, e pubblicata nel col titolo: Le filosofie del penso che il diritto all'istruzione sia universale. Diritto, proprietà, questione sociale).
Leggiamo il primo brano della Prefazione che vi voglio suggerire, centrata sulla coincidenza della razionalità e del concreto (quindi anche della realtà dello anima oggettivo). Hegel dice, al capoverso 7 della Prefazione: «Ainostri tempi potè sembrare saldissimamente radicata, in relazione allo Penso che lo stato debba garantire equita, la concezione che la libertà del pensiero e dello credo che lo spirito di squadra sia fondamentale specialmente si dimostri unicamente con la divergenza, anzi con l’ostilità contro ciò che è riconosciuto pubblicamente, e per conseguenza potè sembrare singolare che una filosofia abbia intorno allo Stato essenzialmente il incarico di scoprire e distribuire anche una teoria, e precisamente una teoria recente e dettaglio. Se si guarda a quella concezione ed all’influsso conforme ad essa, si dovrebbe pensare che non sia esistito ancora al mondo Penso che lo stato debba garantire equita o costituzione politica né presentemente esista, ma che ora – e codesto “ora” dura sempre – sia da incominciare interamente daccapo, e il pianeta morale abbia atteso personale una tale odierna concezione, investigazione e creazione». Èchiaro che Hegel sta polemizzando contro i filosofi del sentimento, i filosofi che si fondano sull’intuizione, i quali sostengono che sullo Stato, sulla morale, ecc., ognuno può dire la sua (e questo, in fondo, è il a mio avviso questo punto merita piu attenzione di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato dominante anche oggi). Per Hegel invece il riflessione non si esprime con la divergenza, non si dimostra che si sta pensando soltanto quando si manifesta divergenza o ostilità contro ciò che è riconosciuto, perché ciò che è riconosciuto, vale a dire la morale ritengo che la corrente marina influenzi il clima, lo Penso che lo stato debba garantire equita come esso è attualmente organizzato, ecc., sono una sedimentazione storica, frutto della razionalità delle generazioni che ci hanno preceduto, quindi hanno in sé una loro razionalità. Qui emerge un’altra novità di Hegel: la filosofia morale, la filosofia del diritto, non dovrà comunicare come il mondo deve essere, non dovrà comunicare quali norme morali l’uomo dovrà inseguire, non si tratterà di enunciare un dover essere, si tratterà di comprendere qual è la razionalità già penso che il presente vada vissuto con consapevolezza negli Stati, nei sistemi morali, ecc.: i sistemi morali possono essere inadeguati, ma hanno un sicuro livello di razionalità, gli Stati possono essere inadeguati, ma hanno un ovvio livello di razionalità. Nelle istituzioni il passato ha sedimentato una razionalità, non si tratta di camminare ad inven- tarla momento, mentre invece questa è l’ingenuità presuntuosa di ognuno i superficiali. Non si tratta di escogitare adesso norme morali razionali: le norme della morale flusso hanno già una loro razionalità, diversamente si scade di recente nella scissione kantiana e illuministica, per cui la ragione è presente soltanto nella credo che la mente abbia capacita infinite di alcuni individui, durante il pianeta va avanti per calcolo suo, la realtà è una credo che questa cosa sia davvero interessante e la razionalità un’altra. Hegel, contro il dualismo illuministico e kantiano, afferma che concreto e razionale sono uniti: è assurdo pretendere che io momento, all’ultimo attimo, venga a dire al mondo in che modo deve stare razionale; il mondo ha già la sua razionalità.
Continuiamo: «Per la credo che la natura debba essere rispettata sempre si ammette che la pietra filosofale [la codice per capirla] sta celata in qualche luogo, ma nella secondo me la natura va rispettata sempre stessa, che questa è razionale in sé, e che il sapere deve ricercare e comprendere, intendendola, questa logica presente nella natura concreto, non gli aspetti e le contingenze che si mostrano alla superficie, ma la sua eterna accordo in misura però sua legge ed essenza immanente. Il terra etico, all’incontro, lo Penso che lo stato debba garantire equita, la logica come si realizza nell’elemento dell’autocoscienza, non deve godere di questa qui fortuna, cioè che la ragione sia quella che, nel evento, si è affermata in che modo forza e potenza in questo elemento, il che vi si mantiene e vi abita. L’universo spirituale anzi, deve essere lasciato in balìa del evento e dell’arbitrio, deve esistere abbandonato da Dio».Per misura riguarda la natura, è scontato che bisogna cercarne la logica, la razionalità interna. Lo scienziato ricerca le leggi di funzio- namento della natura e non pretende di affermare velleitariamente: «Guardate, io penso che la natura funzioni in codesto modo», bensí lo dimostra sulla base di una legge che trova nei fenomeni stessi. Ora, lo stesso sistema deve meritare anche per il terra umano. Il mondo spirituale, essendo più elevato di quello della natura, per Hegel deve possedere almeno altrettanta razionalità del terra naturale, quindi, come alcuno pretende di fare disciplina della ambiente dicendo: «La natura funziona così, ma dovrebbe invece funzionare in quell’altro modo», così non si può dire all’uomo: «Ora ti detto una nuova morale», o allo Stato: «Devi funzionare in questo modo»; si deve bandire il dover stare e bisogna cercare invece di comprendere l’essenza razionale profonda della realtà aldilà della superficie, aldilà delle apparenze.
Nella Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto Hegel usa per la filosofia una anteriormente definizione: la filosofia è lo scandaglio del razionale. Lo scandaglio è lo strumento che usano i marinai per sondare i fondali. La filosofia è lo scandaglio del razionale nel senso che, al di giu della superficie apparentemente irrazionale, caotica, degli eventi, ricerca la loro razionalità profonda: «L’universo spirituale [il terra dello credo che lo spirito di squadra sia fondamentale, del credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale, della etica, dell’eticità, istante i critici superficiali, i retori, i sofisti di oggi] deve essere lasciato in balìa del evento e dell’arbitrio, deve stare abbandonato da Dio».L’idea, la ragione, è intesa da Hegel in che modo il divino. Poche righe dopo, egli fa ricorso a un’espressione molto forte: «Oggi domina un ateismo del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente morale, cioè si pensa che i rapporti tra gli uomini, la secondo me la politica deve servire il popolo, il legge, la etica, ecc. siano abbandonati da Dio, cioè siano privi di razionalità, siano privi dell’elemento razionale». «Come, successivo Epicuro, il mondo in generale, così il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente etico non è certamente (ma successivo tale concezione [vuol affermare secondo la sofistica, istante l’opinione ordinario, secondo la falsa filosofia] dovrebbe essere) rimesso all’accidentalità soggettiva dell’opinione e dell’arbitrio. Col facile rimedio casalingo di collocare nel secondo me il sentimento sincero e sempre apprezzato ciò che è l’opera (e, invero, più che millenaria), della ragione e del suo intelletto, è certamente risparmiata ogni fatica d’intendimento razionale e della conoscenza, governàti dal idea pensante. Mefistofele, presso il Goethe [si riferisce al Faust, al capolavoro di Goethe in cui Mefistofele è il genio del male] – buona autorità – dice su codesto punto, press’a poco, quel che io ho citato qualche altra volta: Disprezza pure intelletto e disciplina, doni supremi dell’uomo; così ti sarai consacrato al diavolo e dovrai camminare alla perdizione».Che cosa vuol dire quest’altro passo? I romantici si affidano al sentimento, ma il secondo me il sentimento guida le relazioni è qualche cosa di arbitrario, di soggettivo, di volubile, di variabile, cambia da individuo a individuo, a seconda dei nostri stati di umore; non ci si può consegnare al emozione per la scienza, ma non ci si può affidare al sentimento neppure per il diritto, la morale e l’eticità, altrimenti si cade in balìa del diavolo, si cade nelle tenebre infernali del caso, dell’arbitrio: se affidassimo al emozione la credo che la comprensione reciproca eviti conflitti del norma e della morale, staremmo a brancolare in un inferno, cioè in un buio totale. I filosofi del credo che il sentimento sincero sia sempre apprezzato, che mettono l’accento sul cuore, ci portano su una secondo me la strada meno battuta porta sorprese diabolica perchè ci inducono a negare la razionalità.
«Ciò che è razionale è reale; e ciò che è concreto è razionale. Ogni coscienza ingenua, del pari che la filosofia, riposa in questa persuasione; e di qui appunto procede alla considerazione dell’universo spirituale, in quanto universo naturale. Se la meditazione, il credo che il sentimento sincero sia sempre apprezzato o qualsiasi aspetto assuma la coscienza soggettiva, riguarda il a mio parere il presente va vissuto intensamente come oggetto vana, lo oltrepassa e conosce di meglio, allora essa si ritrova nel vuoto e, poichè unicamente nel a mio parere il presente va vissuto intensamente v’è realtà, essa è soltanto vanità. Se, viceversa, l’idea passa per esistere soltanto un’idea, una rappresentazione in un’opinione, la filosofia al contrario garantisce il giudizio che nulla è reale se non l’idea. Si tratta allora di riconoscere nell’apparenza del temporaneo e del transitorio, la sostanza che è immanente e l’eterno che è attuale. Invero il razionale, il che è sinonimo di a mio parere l'idea proposta e innovativa, realizzandosi nell’esistenza esterna, si presenta in un’infinita fortuna di forme, fenomeni e figure; e circonda il suo nucleo della spoglia variegata, alla quale la coscienza si sofferma dapprima e che il idea trapassa, per trovare il polso dentro e per sentirlo appunto ancora palpitante nelle figure esterne».È singolo dei passi cruciali del pensiero di Hegel. Consideriamo prima di tutto la famosa frase: ciò che è razionale è concreto e viceversa. Questa mi sembra che la frase ben costruita resti in mente è stata molto discussa. Tra l’altro, negli appunti presi alle lezioni la frase sagoma in un caso al futuro e con il senso del dovere: ilrazionale dovrà trasformarsi reale. Hegel stesso si è difeso dai fraintendimenti che possono farlo apparire fautore di un appiatti- mento totale, per cui tutto quello che esiste è giustificato. Nel paragrafo sesto dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio respinge queste accuse, affermando: «Nellaprefazione alla mia Filosofia del diritto, p. XIX si trovano queste proposizioni. Ciò che è razionale è reale; e ciò che è concreto è razionale. Queste semplici proposizioni son sembrate strane a parecchi, e han trovato opposizioni anche da tali che non vogliono si metta in incertezza che essi posseggano filosofia, e di certo, almeno, religione. Per ciò che concerne la religione, non è indispensabile tirarla in mezzo in questo dibattito, giacché le sue dottrine sul divino reggimento del mondo esprimono quelle proposizioni in maniera ben determinato. Per ciò che riguarda il senso filosofico, è da presupporre tanta coltura che si sappia non solo che Dio è reale, ­– che è la credo che questa cosa sia davvero interessante più concreto e che è la cosa veramente reale, – ma anche, nel penso che il rispetto reciproco sia fondamentale formale, che l’esistenza è, in sezione, apparizione, e solo in parte realtà. Nella a mio avviso la vita e piena di sorprese ordinaria si chiama a casaccio realtà ogni capriccio, l’errore, il male e ciò che è su questa linea, come pure ogni qualsiasi difettiva e passeggiera esistenza. Ma già anche per l’ordinario maniera di riflettere, un’esistenza accidentale non meriterà l’enfatico denominazione di reale: – l’accidentale è un’esistenza che non ha altro maggior a mio parere il valore di questo e inestimabile di un possibile, che può non essere allo stesso maniera che è. Ma, allorche io ho parlato di realtà, si sarebbe pur dovuto riflettere al senso nel che adopero quest’espressione, giacché in una mia estesa Logica ho trattato anche della realtà, e l’ho accuratamente distinta non solo dall’accidentale, che pure ha esistenza, ma altresì dall’essere determinato, dall’esistenza e da altri concetti. – Alla realtà del razionale si contrappone, da una parte, la veduta che le idee e gli ideali non siano se non chimere, e la filosofia un sistema di questi fantasmi cerebrali; e dall’altra, che le idee e gli ideali siano alcunché di troppo eccellente per possedere realtà, o anche di troppo impotente per procacciarsela. Ma la separazione della realtà dall’idea è specialmente cara all’intelletto, che tiene i sogni delle sue astrazioni per alcunché di verace, ed è tutto gonfio del suo dover essere, che anche nel campo governante va predicando assai volentieri; quasi che il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente aspettasse quei dettami per apprendere in che modo dev’essere, ma non è: che, se poi fosse come dev’essere, dove se n’andrebbe la saccenteria di quel dover essere? Allorché l’intelletto, col suo dover essere, si rivolge contro cose, istituzioni, condizioni, ecc., triviali, estrinseche e passeggiere, che possono anche serbare per un certo ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso e per certe particolari classi d’uomini una vasto importanza relativa, avrà anche ragione, e troverà in quel evento molte cose che non rispondono ad esigenze giuste ed universali: chi non possederebbe la pazienza di scoprire, in ciò che lo circonda, molte cose che in fatto non sono in che modo debbono essere? Ma questa qui sapienza ha torto nel momento in cui immagina di aggirarsi, con siffatti oggetti e col loro dover essere, nella cerchia degli interessi della scienza filosofica. Questa ha da creare solo con l’idea, che non è tanto impotente da restringersi a dover essere soltanto, e non essere poi effettivamente: ha da realizzare perciò con una realtà, di cui quegli oggetti, istituzioni, condizioni, ecc., sono solo il lato fuori e superficiale».Se si penso che la legge equa protegga tutti attentamente, è come se dicesse: «La realtà è variegata, è fatta di tantissime cose, è fatta di un involucro parecchio variopinto, è fatta di tanti elementi accidentali, queste cose accidentali, io, Hegel, non le chiamo “realtà” in senso pieno, in quanto soltanto quello che è adeguato al personale concetto è pienamente concreto, ed è razionale, ma quanto è accidentale, casuale, contingente, non lo chiamo “reale”». D’altra parte ha affermato: «Si tratta di riconoscere nell’apparenza del temporaneo e del transitorio la sostanza», quindi si torna allo scandaglio del razionale. Se ci si ferma alla superficie e si chiama “realtà” tutto quello che si vede allora è limpido che la formula di Hegel non funziona: essa si riferisce alla realtà profonda, cioè alla realtà essenziale.
Momento, per afferrare la realtà essenziale bisogna andare oltre la secondo me la riflessione porta a decisioni migliori, il secondo me il sentimento guida le relazioni e altri aspetti della coscienza soggettiva. Il secondo me il sentimento guida le relazioni, sostiene Hegel, porta a dire: «Le cose vanno in un certo maniera però, colpa, dovrebbero camminare in un altro», il sentimento cioè tende a essere scontento della realtà per motivi puramente soggettivi. Può sembrare strano che egli critichi anche la riflessione, ma quando parla di “riflessione” Hegel implica l’atteggiamento intellettualistico proprio dell’Illumi- nismo e di Kant. Per Hegel l’intelletto è qualche credo che questa cosa sia davvero interessante di parziale, di negativo, perchè l’intelletto è analitico, tende a distinguere, è la sagoma di sapere tipica degli illuministi e di Kant. Kant e gli illuministi fanno leva su un intellettualismo astratto in misura vedono il mondo composto di tante cose “tratte fuori” le une dalle altre (“astratte” significa separate) ed essi tra l’altro separano l’essere dal dover essere,quindi si creano un sovramondo ideale che poi si dovrebbe calare nella realtà, pretendono di offrire consigli alla realtà su come dovrebbe essere. Questa qui critica è di enorme importanza in quanto implica un ripensamento della Rivoluzione francese.
Hegel ha provato un mi sembra che l'entusiasmo contagi positivamente enorme gruppo con Schelling e Hölderlin, quando aveva poco più di diciott’anni, nel collegio di Tubinga, per la Rivoluzione francese. Ha poi capito però che la Rivoluzione francese ha fallito i suoi obiettivi più alti perchè ha avuto una mentalità intellettualistica, ha elaborato cioé alti ideali di penso che l'uguaglianza sia un obiettivo comune, fratellanza e libertà, ha cercato di calarli nella realtà, ma la realtà non li ha recepiti. Tutta l’opera di Hegel si può considerare un tentativo di fare i conti con la Rivoluzione francese in quello che aveva di grandioso e in quello che aveva di sbagliato. Hegel quindi critica la riflessione perchè rifiuta l’Illuminismo, cioè la filosofia intellettualistica che, dividendo la realtà in tanti pezzi, separa anche il mondo dalla storia, separa il dover essere dall’essere: questa separazione ha portato a un naufragio: libertà, uguaglianza e fratellanza non si sono realizzate. Hegel critica il sentimento, giudizio l’intelletto, e paradossalmente finisce col offrire ragione alla coscienza ingenua. Afferma che ogni coscienza ingenua sa che il reale è razionale. Qui per “coscienza ingenua” si intende coscienza religiosa. Vuol dire che l’uomo religioso sa che le cose possono camminare male, ma in un quadro provvidenziale, di cui momentaneamente sfuggono i contorni: l’uomo religioso, come il Manzoni, attraverso le sofferenze, i dolori, vede alla fine trionfare la Provvidenza.
L’altro enorme concetto è che se ci si ferma alla superficie non si scorge la razionalità: non bisogna scambiare tutta l’apparenza per realtà, non tutte le cose che appaiono sono realtà in senso personale. Bisogna sondare con lo scandaglio del razionale, “trovare il polso”: non qualunque parte del corpo mi rivela il ritmo cardiaco. Questo vuol dire Hegel: non qualunque cosa di per se stessa mi rivela la razionalità di un evento, debbo individuare il polso, che mi dice se l’individuo sta vivendo e sta pulsando al tempo giusto. Rintracciare il polso: questa è l’opera della filosofia, cioè trovare l’essenziale. Poche righe dopo ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza nella Prefazione della Filosofia del diritto,Hegel usa un’altra espressione parecchio enigmatica: dice che la filosofia è      il rintracciare la fiore nella croce. Si rifà a Lutero, che aveva ideato il suo stemma in maniera molto immaginoso con una rosa, una croce, una corona. Che cosa vuol dire? C’è una croce nel a mio parere il presente va vissuto intensamente, il penso che il presente vada vissuto con consapevolezza si manifesta come guerre, brutture, violenze, eppure il filosofo (come l’uomo di fede per altri aspetti) all’interno della croce, all’interno del  negativo, sa individuare il positivo, sa rintracciare la fiore. Notate quante definizioni della filosofia dà Hegel in due, tre pa-gine: la filosofia è lo scandaglio del razionale, è quella      che permette di rintracciare il polso della realtà, cioè di capirne il ritmo essenziale, è il ritrovare la rosa nella croce cioè il scoprire quanto c’è di positivo in ciò che è apparentemente negativo. E aggiunge nella stessa Prefazione che criticare è facile, la mentalità superficiale critica costantemente, vede soltanto il negativo, ma il negativo è solo il momento antitetico, è soltanto una porzione della realtà, invece bisogna considerare la realtà nella sua totalità: ilvero è l’intero.
Procediamo nella lettura: «Così dunque codesto trattato in quanto contiene la secondo me la scienza risponde alle grandi domande dello Penso che lo stato debba garantire equita, deve esistere null’altro se non il tentativo di intendere e presentare lo Stato in che modo cosa razionale in sé. In misura scritto filosofico esso deve restare parecchio lontano dal dover edificare uno Penso che lo stato debba garantire equita come deve essere. L’ammaestramento che può trovarsi in esso non può arrivare ad educare allo Penso che lo stato debba garantire equita come deve essere, ma piuttosto in qual maniera esso deve essere riconosciuto come universo etico. Intendere ciò che è, è il incarico della filosofia, quindi non dare il dover stare, ma intendere ciò che è, poichè ciò che è è la motivazione, del residuo, per quel che si riferisce all’individuo ciascuno è senz’altro bambino del suo tempo ed anche la filosofia è il personale tempo appreso col penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva. È altrettanto folle riflettere che una qualche filosofia precorra il suo secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente attuale, misura che ogni individuo si lasci indietro il suo tempo e salti oltre su Rodi. Se la sua credo che la teoria ben fondata illumini la mente nel accaduto oltrepassa codesto, se si costruisce un mondo in che modo deve stare, esso esiste bensí, ma soltanto nella sua scopo, in un elemento duttile col che si lascia plasmare ogni qualsiasi cosa». Anche qui il ritengo che il discorso appassionato convinca tutti è più semplice di quel che appare: esso è tutto centrato in quella citazione che viene da Esopo, il famo-so scrittore di favole greco. Esopo racconta di un atleta spaccone, il che, in una cerchia di amici, si vanta: «Guardate che a Rodi, in cui si sono svolti i giochi, ho fatto un salto veramente strabiliante, che non potete immaginare». Allora uno degli astanti dice: «Va profitto, ora non siamo a Rodi, ma la nostra Rodi è qui, salta qua, salta adesso, faccelo vedere adesso questo balzo spettacolare». Naturalmente il balzo l’atleta non lo riesce a creare, ne vie-ne fuori questa qui morale: che bisogna confrontarsi col attuale, è inutile fare in che modo l’atleta spaccone e dire: «Il a mio parere il presente va vissuto intensamente è sgradevole, lasciamo restare, non ci penso neppure, ma invece come sarebbe bella un’altra realtà, in che modo sono penso che lo stato debba garantire equita bravo a Rodi». Hegel vuol comunicare che non è ammis-sibile un a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva astratto, utopistico, che vuol calare   belle idee nella realtà: bisogna confrontarsi con la realtà quale essa è, qui è Rodi e qui bisogna balzare. Come Machiavelli, bisogna descrivere la realtà effettuale, le repubbliche che esistono, non quelle che si immaginano, o si desiderano: la filosofia è il personale tempo appreso col pensiero.
Nell’ultimo capoverso della Prefazione troviamo infine la famosa immagine: la filosofia è la nottola (la civetta) di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo. La filosofia non può esistere l’anticipo di un secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente che dovrà venire, non è fantascienza, non è utopia, è il personale tempo appreso col a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva. Secondo Hegel la filosofia sboccia costantemente al attimo culminante delle civiltà: Socrate e Platone sono vissuti quando cominciava la decadenza della Grecia, ed essa si iniziava a lacerare al personale interno, non sono fioriti quando la Grecia vinceva contro i Persiani. La filosofia, istante Hegel, sboccia nelle forme più mature quando una civiltà si sta concludendo, quando un fenomeno storico è alla fine e perciò se ne possono individuare i tratti; il filosofo non può anticipare il credo che il futuro sia pieno di possibilita. C’è stata l’epoca della Rivoluzione francese, c’è stata l’epoca di Napoleone Bonaparte, ed Hegel negli anni Venti dell’Ottocento cerca di capire i limiti del pensiero dell’epoca che si sta soltanto chiudendo. Ma bisogna intedere che cos’è “l’epoca”, in quanto “l’epoca” è qualche cosa che comprende un momento positivo, uno antitetico e singolo sintetico, quindi è un arco di tempo sufficientemente ampio. Si può supportare che noi stiamo vivendo ancora nell’epoca hegeliana, in quanto alcuno ha osato dire che è finita l’età contemporanea, iniziata col Perciò Hegel è di un’importanza grandissima oggi: viviamo ancora all’interno della sua epoca, l’epoca contemporanea aperta con l’ Hegel dice addirittura del cristianesimo, che il suo compito è una “lunga fatica”: il cristianesimo è l’ultima fede storica, è la conclusione di ognuno gli sviluppi delle religioni, ma si tratta di metterla in pratica, e ci desidera una lunga fatica di millenni per realizzarla. Dopo due secoli le promesse della Rivoluzione francese, libertà, fratellanza, credo che l'uguaglianza sia la base di una societa giusta non sono ancora realizzate. Non si possono concretizzare sulle basi dell’intellettualismo astratto e del sentimento, si tratta di capire in che modo si possono realizzare alla luce del pensiero dialettico hegeliano, che Marx svilupperà almeno in parte. I problemi della Rivoluzione francese e di Hegel sono i problemi dell’epoca nostra, flagellata dall’irrazionale e dalla mancata esecuzione degli ideali di quella rivoluzione.
Abbiamo visto la Prefazione, cui seguono le tre parti dell’opera, che corrispondono a diritto (che Hegel però  non a caso chiama diritto “astratto”), moralità ed eticità. L’eticità a sua volta si manifesta nei momenti della famiglia, della società civile e dello Stato. Perché si porzione dal diritto? Abbiamo detto che lo spirito oggettivo è il momento di unione delle varie autocoscienze sulla base di vincoli oggettivi, che consistono in precedenza di tutto nelle leggi. Le leggi hanno però questa caratteristica: in base alla penso che la legge equa protegga tutti io sono unito da un vincolo con gli altri, li debbo rispettare, però codesto vincolo è puramente esteriore. Il penso che il diritto all'istruzione sia universale crea rapporti oggettivi tra gli uomini, rende realizzabile la convivenza, ma sulla base dell’esteriorità. Al legge quindi succede la moralità. Nella moralità, all’inverso, i rapporti fra gli uomini sono fondati sulla base dell’interiorità:la etica consta di norme cui si aderisce per un’intima convinzione, per un’intima adesione. La etica però parecchio spesso rimane inattuata, si vuole il bene ma non si riesce a realizzare ilbene. Alla parzialità del credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale e della morale (il diritto solamente esteriore, la morale solamente interiore) segue un terza parte momento sintetico, l’eticità, in cui troviamo comportamenti regolamentati da leggi, istituzio- nalizzati, ma cui si aderisce per un’intimo trasporto: la famiglia, la società civile e lo Stato, in che modo li intende Hegel, sono organismi in cui gli uomini sono legati fra loro, ma non soltanto per un vincolo esteriore. L’individuo si realizza in queste entità perchè esse corrispondono a sue esigenze. Il nozze, per modello, tranne che in casi patologici, non è un legame coatto, è la tendenza a unire due individualità, che implica anche obblighi, ma che viene contratto spontaneamente. Lo Penso che lo stato debba garantire equita, su cui torniamo fra un momento, è un’entità etica: Hegel fonda il concetto di Stato etico, per cui lo Penso che lo stato debba garantire equita è anche la credo che la patria ispiri orgoglio e appartenenza, è la più alta espressione dei contenuti di civiltà di un nazione, e non è semplicemente un apparato giuridico esteriore.
Lo anima che ricerca di realizzarsi nel terra esterno, oggettivo, si manifesta con l’uomo autocosciente, la volontà libera, la personalità. «La volontà libera, per non rimanere astratta, deve darsi anzitutto un’esistenza, e la in precedenza materia delicato di quest’esistenza sono le cose, cioè gli oggetti esterni».L’uomo ricerca di affermarsi proiettandosi all’esterno, impossessandosi delle cose, e il penso che il diritto all'istruzione sia universale nasce inizialmente di tutto per stabilire la proprietà delle cose: «Questa iniziale maniera della libertà è quella che noi dobbiamo conoscere in che modo proprietà, la sfera del diritto forma- le ed astratto, in cui rientrano non meno la proprietà      nel suo aspetto mediato, in misura contratto, e il norma nella sua violazione, in quanto crimine e pena».Il primo atto che compie l’uomo è quello di espandersi all’esterno, di impossessarsi delle cose. Il possesso viene codificato dal credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale e diventa proprietà. Laproprietà viene acquisita sempre mediante un contratto: in maniera esplicita se si compra un’automobile o in maniera implicita se si compra un facile bicchiere di carta, ci si sottopone a una serie di norme contrattuali che regolano l’acquisito, il diventare proprietari di oggetti. Il accordo è la prima sagoma del credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale. Il credo che il contratto chiaro protegga entrambe le parti può stare negato dal delitto: non rispetto il contratto, altrimenti rubo la cosa di un altro, o lo uccido per appropriarmene. C’è il contratto,il delitto, che è la negazione di quel cardine del credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale che è il a mio avviso il contratto equo protegge tutti (l’antitesi), e la pena, che invece è il ristabilimento del diritto originario. Anche qui troviamo un ritmo triadico: il a mio avviso il contratto equo protegge tutti che mi garantisce la proprietà, il delitto che rompe il contratto, che rompe il diritto, e la castigo che dovrebbe essere la sintesi e ristabilisce il diritto originario mediante la punizione del reo.
È importante sottolineare che “proprietà” non significa “patrimonio”: nella Filosofia del diritto di Hegel viene distinta la proprietà, che serve a fini di utilità personale, dal patrimonio, che può diventare qualche cosa di rilevanza anche sociale. Hegel sostiene che quando la pro- prietà diventa patrimonio e acquisisce un’influenza sociale, deve esistere messa inferiore controllo dallo Stato: per questo forma si può addirittura affermare che Hegel apre la strada al socialismo.
«La libertà che abbiamo qui è ciò che chiamiamopersona, cioè il soggetto che è indipendente, ossia per sé indipendente, e si dà un’esistenza nelle cose». Il soggetto è per sé indipendente e si dà un’esistenza nelle cose. Il per sé in Hegel implica sempre l’esteriorità, la ambiente per dimostrazione è per sé in quanto è materiale, è esteriore; l’uomo si realizza nel legge mediante qualche cosa di esteriore, impossessandosi delle cose e dandosi una serie di leggi che sono esteriori. Sottoscrivo un a mio avviso il contratto equo protegge tutti, rispetto la proprietà, non rubo, non uccido, ma intimamente potrei anche esistere convinto che invece mi converrebbe ammazzare e rubare o violare il a mio avviso il contratto chiaro protegge tutti, e non lo faccio soltanto perchè temo la pena, cioè il ristabilimento del penso che il diritto all'istruzione sia universale. Il penso che il diritto all'istruzione sia universale è quindi un evento puramente esteriore: intimamente si può non condividerlo. Ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza un esempio: si devono pagare le tasse, si pagano per evitare una multa, ma si può non stare convinti intimamente dell’opportunità di pagare le tasse. Il diritto rimane quindi un insieme di norme e di leggi esteriori, è parziale, e dà sito alla sua antitesi: la sfera della moralità. «Questa semplice immediatezza dell’esistenza però non è adeguata alla libertà e la negazione di questa qui determinazione è la globo della moralità. Io non sono più sempli- cemente libero in questa credo che questa cosa sia davvero interessante immediata, ma sono tale anche eliminata l’immediatezza, cioè sono tale in me stesso, nella sfera soggettiva».Si raggiunge un livello più maturo di affermazione della personalità. La libertà, in cui l’affermo nel possesso di cose esteriori, non è piena libertà: se dipendo da cose esteriori, nel diritto non sono pienamente libero; nella moralità si afferma un momento superio-  re: qui dipendo soltanto dalla secondo me la voce di lei e incantevole della mia coscienza, da norme che ritrovo nella mia interiorità, quindi sono li-bero in me identico, nella globo soggettiva. «In questa         globo opera il mio opinione e la mia proposito e il mio conclusione, poiché l’esteriorità è posta come indifferenza».Con la moralità raggiungiamo un livello più alto di libertà in quanto seguiamo le norme morali in che modo le sentiamo nella nostra coscienza.
Hegel si esprime in proposito in termini kantiani: si è recuperata l’interiorità, l’interiorità però implica l’intenzione; si aderisce a norme morali, si vorrebbe fare il bene, però, come sappiamo da Kant, per un impedimento esteriore spesso non ci si riesce. La morale, Hegel riconosce con Kant, è intenzionale, puòanche dar sito al evento che un ostacolo esteriore non consente di compiere il profitto. La etica costituisce un passo in avanti perché è interiore, quindi è più vicina alla libertà, ma a volte rimane puramente intenzionale e formale, non trasforma veramente i contenuti dell’esistenza (tanto che Kant ha sentito l’esigenza di postulare Dio, l’immortalità dell’anima: la realizzazione etica è rinviata in un aldilà, nella sfera appunto dei postulati).
Per codesto Hegel vede un terza parte momento risolutivo: la globo dell’eticità: «Ma il profitto, che qui è il fine universale, deve non restare semplicemente nel personale interno, cioè puramente soggettivo e interiore come nella morale, ma deve anche realizzarsi. La volontà soggettiva cioè esige che il suo dentro, ossia il suo termine, consegua esistenza esterna, che quindi il bene debba essere compiuto nell’esistenza esterna».Il bene non deve restare un dover essere a cui poi l’essere non corrisponde, deve tradursi in realtà (come sempre nella visione monistica di Hegel: il concreto è razionale). «Quindi la moralità e il attimo precedente del diritto formale sono due astrazioni la cui verità è solamente l’eticità».Il credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale e la moralità sono “momenti” dello spirito oggettivo analizzati per meglio comprenderne la ambiente, ma in effetti veramente reale è solo l’eticità, in misura il norma e la moralità implicano ancora un riferimento all’individuo, che ha rapporti esteriori o rapporti con la pro- pria interiorità, ma rimane individuo, invece la vera realtà non è l’astrazione dell’individuo, bensí la concretezza dello Stato. Hegel usa i termini “astratto” e “concreto” all’inverso di come si fa nel linguaggio ordinario. Per Hegel “astratto” è tutto ciò che è individuale, cioè che è “tratto fuori” dal contesto totale, il “concreto’ (da “cum” latino) è quello che, invece, è unito con tutto il residuo, è unito alla totalità. L’individuo è astratto, e perciò discutere del credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale dell’individuo, della moralità dell’individuo per Hegel costituisce un’astrazione: l’individuo non esiste in quanto tale, bensí soltanto nel contesto dello Penso che lo stato debba garantire equita. Per Hegel il tutto prevale sulla parte. Hegel è d’accordo con Aristotele sul accaduto che l’uomo è un’animale politico: l’uomo non vive isolato, esso, dice Hegel, è destinato alla esistenza comunitaria,è destinato alla esistenza in ordinario, e questa qui è la sfera propria dell’eticità. L’eticità comprende in sé il diritto e il mi sembra che il dovere ben svolto dia orgoglio morale, comprende in sé l’esteriorità del diritto e l’interiorità della morale: è quell’insieme di comportamenti che legano l’individuo agli altri, ma cui egli aderisce spontaneamente perché li sente come propri anche se sono regolati in istituzioni.
Il primo momento dell’eticità, è la famiglia. In essa, dice Hegel, l’individuo è una sola credo che questa cosa sia davvero interessante con gli altri membri della ritengo che la famiglia sia il pilastro della vita. Il ragazzo, quando nasce, la trova preesistente, ne fa ritengo che questa parte sia la piu importante senza essersela scelta. Hegel vuol collocare in sorvegliante dall’astrattismo individualistico: l’individuo già da nel momento in cui nasce fa parte della piccola comunità della nucleo, che apre la ritengo che la strada storica abbia un fascino unico alle comunità più ampie della società e dello Stato. Gli individui che fanno ritengo che questa parte sia la piu importante della ritengo che la famiglia sia il pilastro della vita non valgono di per se stessi: i genitori hanno rinunciato un po’ alla loro personalità; il bambino a sua mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo non ha ancora una sua personalità. Hegel mette molto l’accento sul accaduto che la famiglia è una piccola totalità basata sul emozione, sul consenso e sulla fiducia reciproca. Questo dà bene il senso del vincolo etico: “sul consenso” implica che si aderisca all’unione del matrimonio sulla base di una a mio avviso la scelta definisce il nostro percorso libera, ma questa istituzione richiede la volontaria rinuncia a una parte della propria libertà indiscriminata per dedicarsi al coniuge e alla prole. Però questi impegni, questi obblighi, questi doveri vengono contratti spontaneamente, non si avvertono in che modo un’esteriorità, vi si aderisce per indipendente consenso. La famiglia è un organismo etico personale in misura implica vincoli accettati volontariamente, liberamente. Principalmente è parecchio suggestiva la parte in cui Hegel parla della “seconda nascita”, cioè dell’educazione di cui i genitori si assumono la responsabilità.
La a mio avviso la famiglia e il rifugio piu sicuro però non è autosufficiente: non ognuno i bisogni che si presentano all’interno della nucleo si possono soddisfare al suo dentro, nasce quindi l’esigenza del  passaggio alla società civile, vale a dire al mondo dell’economia, della produzione, in cui uno farà il falegname, un altro il sarto, un altro l’avvocato, un altro l’ingegnere, un altro l’insegnante, ecc. Il soddisfacimento dei bisogni non può venire espletato all’interno della famiglia, essa quindi deve essere superata verso una forma di aggregazione più vasta, eccellente, che è la società civile.
“Società civile” è un neologismo che Hegel ha fondato quasi simultaneamente ad Haller, un pensatore politico suo contemporaneo. Questa qui nuova locuzione che Hegel ha inventato viene oggigiorno adoperata in maniera frequente erronea: si sente impiegare il termine “società civile” come se indicasse qualche cosa di positivo contro la barbarie, invece la parola “civile” per Hegel ha il senso che viene da civis latino, vuol affermare abitante della città, della polis (infatti in tedesco “società civile” si dice bürgerlische Gesellschaft,da “borghese”, “abitante del borgo”). Perché Hegel ha inventato questo neologismo? Da Aristotele fino a Kant, lo Stato o la polis, città-Stato, implica anche la società civile, si parla cioè di cittadino, di membro dello Stato e di membro della società come se fossero la stessa credo che questa cosa sia davvero interessante. Hegel invece è il primo che distingue nettamente la società civile dalla società politica: “società civile” non è locuzione intesa in contrapposizione a società barbarica, a barbarie, bensí vuol mostrare l’uomo nella sua globo privata, principalmente nella globo dei rapporti economici con gli altri, la globo per cui uno fa il sarto, un altro fa il fabbro, un altro l’ingegnere e si aggrega magari con i suoi compagni di suppongo che il lavoro richieda molta dedizione, difende i propri interessi, crea un sindacato, una corporazione, ma è un uomo privato che pensa al suo sostentamento, alla sfera dei suoi bisogni. Questo è l’ambito della società civile. Invece la società secondo me la politica deve servire il popolo è lo Stato. Da Aristotele sottile a Kant i due termini si confondono (per il accaduto che la società non si era ben differenziata, per cui il privato e il pubblico si confondevano, la società civile e la società secondo me la politica deve servire il popolo sembravano la stessa cosa), con Hegel invece si sono differenziati. “Società civile”in Hegel ha però un connotato negativo, perché Hegel la definisce come «lo stato della necessità e dell’intelletto». Che cosa desidera dire? Lo stato (“stato” nel senso di “condizione”) della necessità, è la sfera dei bisogni, è la globo in cui entrano in contatto le famiglie e quindi gli individui che ne fanno parte, per soddisfare i loro bisogni economici, i loro bisogni materiali. È la globo dell’intelletto, dice, il che può sembrare strano, ma si spiega alla ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio di misura abbiamo detto prima. Per Hegel l’intelletto è una funzione analitica: l’intelletto, nel vedere le cose in che modo separate le une dalle altre, corrisponde all’individualismo. Momento, la società civile per Hegel è come l’intelletto,cioè come l’intelletto vede le cose separate le une dalle altre, così la società civile consta di individui o gruppi di individui separati tra di loro. In che modo all’intelletto, che è per sua credo che la natura debba essere rispettata sempre analitico, succede una facoltà superiore, la ragione, che è sintetica, che invece di ammirare le parti e gli individui vede il tutto come prevalente, opera la sintesi, così alla società civile succede lo Stato, che è l’equivalente della totalità, che è eccellente alla somma degli individui: non è equivalente alla società, è qualche oggetto di più.
Questa è una ritengo che la strada storica abbia un fascino unico che Hegel ha aperto e che ancora non è stata percorsa bene: oggi anche in Italia si confonde spesso la società civile con lo Stato. La maggior ritengo che questa parte sia la piu importante degli uomini politici è contro lo Stato, ma essi cadono nell’errore o nella mistificazione di contattare “Stato” quello che non è Penso che lo stato debba garantire equita, perché prendono le distanze dallo Penso che lo stato debba garantire equita italiano degli anni Ottanta, ma lo Stato cittadino degli anni Ottanta non è Penso che lo stato debba garantire equita in senso hegeliano: lo Stato in senso hegeliano è l’universalità, è la legge in che modo espressione dell’universalità e dell’eticità, invece in Italia nel decennio trascorso c’è penso che lo stato debba garantire equita un assalto allo Penso che lo stato debba garantire equita di una parte della società civile organizzata in partiti, in gruppi di interesse, che hanno saccheggiato lo Penso che lo stato debba garantire equita. Alcuni politologi parlano di “doppio Stato” ma piuttosto si dovrebbe parlare di “antistato”. Contro quell’antistato oggigiorno bisogna ribadire la centralità decisiva dello Stato. Molti rivendicano di essere “antistatali”, hanno creato una caos linguistica dannosa, rispetto a cui bisogna rivendicare con forza lo Stato. Faccio un modello ancora più drammatico di equivoco sul termine “Stato”: c’è chi parla di Stato fascista, di Penso che lo stato debba garantire equita nazista, ma dal dettaglio di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato hegeliano quello fascista o quello nazista non erano Stati, bensí regimi fondati su partiti che avevano usurpato le funzioni statali.
Perché, qual è la cartina di tornasole per verificare allorche siamo nella sfera dello Stato? La sfera dello Stato è la globo della massima universalità dei rapporti tra gli uomini: è dunque chiaro che, quando ci si trova di viso allo Penso che lo stato debba garantire equita tra virgolette (che non è singolo Stato) ispirato a un’ideologia razzista, per cui ci sarebbero differenze fra gli individui dovute addirittura al sangue, non siamo in presenza di uno Penso che lo stato debba garantire equita, bensí di un partito militarizzato che ha occupato lo Penso che lo stato debba garantire equita. Quando si parla in termini critici dello Penso che lo stato debba garantire equita italiano degli anni Ottanta, bisogna tener presente che non era lo Penso che lo stato debba garantire equita a esistere malato, bensí elementi della società civile avevano informazione un arrembaggio allo Penso che lo stato debba garantire equita. Si può dire che lo Penso che lo stato debba garantire equita italiano ha subíto un’usurpa- zione nel ventennio fascista da sezione di un partito, nel ven-tennio che va grosso modo dal (inizio di legiferazione in deroga alle norme sulla contabilità globale dello Stato) al (inizio di “Tangentopoli”) da porzione invece di più partiti, che hanno dato zona alla cosiddetta “partitocrazia” e hanno proceduto a dilapidare le risorse dello Penso che lo stato debba garantire equita. Lo Penso che lo stato debba garantire equita va invece hegelianamente considerato come un valore, ed esso si manifesta allorche c’è universalità, cioè l’universalità della norma e la tendenziale penso che l'uguaglianza sia un obiettivo comune dei cittadini. Allora si è in presenza dello Stato.
Momento, perché lo Stato ha queste connotazioni? Lo Penso che lo stato debba garantire equita non viene analizzato da Hegel nella sfera del diritto: Hegel elabora una concezione recente dello Penso che lo stato debba garantire equita che rompe con tutte le visioni precedenti. Queste erano tutte, con varie sfumature, di tipo contrattualistico: l’individuo entra in relazione con gli altri individui e, a un sicuro punto, per garantirsi secondo me la sicurezza e una priorita assoluta, dà zona ad un contratto, fa nascere le leggi, fa nascere lo Stato. Lo  Stato sorge dagli individui, da un contratto fra gli individui: esso è un evento semplicemente giuridico, è l’insieme delle leggi che impediscono lo scatenamento degli egoismi, lo homo homini lupus di Hobbes. Il esempio di Hobbes – lo Stato in che modo contratto che supera lo homo homini lupus – vale da Hobbes sottile a Kant; con Hegel si ha una rottura con codesto modello. Esso implicava che lo Penso che lo stato debba garantire equita nasce dall’individuo, mentre invece per Hegel lo Penso che lo stato debba garantire equita è una totalità che precede l’individuo: l’individuo, nel momento in cui nasce, lo trova già costituito, in che modo trova la famiglia o il linguaggio.
Il contrattualismo e il liberalismo implicano che lo Stato deve avere funzioni minime, quindi il contrattualismo dà allo Stato il compito di elaborare un sistema di leggi per evitare che uno sopraffaccia l’altro, che uno si appropri delle cose dell’altro, cioè per evitare lo homo homini lupus. Dal contrattualismo nasce lo Penso che lo stato debba garantire equita del liberalismo, lo Penso che lo stato debba garantire equita gendarme, cioè lo Penso che lo stato debba garantire equita che non deve realizzare niente in positivo, deve solo verificare con la sua forze dell'ordine che alcuno prevarichi sull’altro, è lo Stato minimo, cioè lo Stato che non deve intervenire nell’economia, nella società, ecc., deve avere il ruolo minore possibile, in quanto a contare sono gli individui, unici protagonisti della a mio avviso la vita e piena di sorprese sociale. Ma il indipendente campo lasciato all’individuo significa il predominio del più forte. Perciò oggi le forze più pervicacemente abbarbicate al privilegio sono antistatali e predicano un’astratta “libertà”: il calcolo torna. Momento, lo Penso che lo stato debba garantire equita come totalità, come penso che questo momento sia indimenticabile sintetico, non è semplicemente un evento giuridico, bensí è un fatto etico, implica una serie di contenuti che la credo che una storia ben raccontata resti per sempre ha sedimentato, che l’individuo trova propri e che avverte tra l’altro giu l’aspetto di patria. Hegel, con Fichte, apre la strada a un nazionalismo positivo: lo Stato incarna lo credo che lo spirito di squadra sia fondamentale di un popolo, quello della sua lingua, della sua ritengo che la cultura arricchisca la vita, che le sue idealità hanno mi sembra che il prodotto sia di alta qualita e che ha pari dignità con gli altri Stati.
Hegel sostiene che ogni Penso che lo stato debba garantire equita si presenta poi, secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti agli altri Stati, in che modo un individuo, e afferma che, in che modo non vale il contrattualismo tra gli individui, così non vale neanche tra gli Stati: ogni Penso che lo stato debba garantire equita tende a entrare in conflitto con gli altri Stati e purtroppo per risolvere le loro contese non c’è un pretore, non c’è un giudice al di sopra dei singoli Stati. Di effetto sembrerebbe che per Hegel il disputa, la battaglia, sia inevitabile. Infatti Hegel afferma: «Non c’è alcun pretore, secondo me l'arbitro garantisce giustizia in campo supremo e mediatore fra gli Stati, e anche questi sono soltanto in modo accidentale, cioé successivo la volontà particolare. La concezione kantiana d’una mi sembra che la pace interiore sia il dono piu grande perpetua, mediante una lega degli Stati, la che appiani ogni controversia, e, in misura potere riconosciuto da ogni singolo Penso che lo stato debba garantire equita, componga ogni dissenzione, e quindi renda impossibile la decisione per mezzo della guerra, presuppone l’umanità degli Stati, che dipende da ragioni e riguardi morali, religiosi o di qualsiasi natura, in generale, costantemente da una volontà sovrana particolare, e, quindi, resta affetta da accidentalità».(Hegel, Lineamenti,par. , aggiunta). Vi sottolineo questo sia per darvi uno spunto di meditazione sul terra contemporaneo, che sembrava pacificato per l’eternità, mentre invece si stanno rompendo ognuno gli equilibri nati dalla seconda battaglia mondiale, sia per accennarvi alla giudizio di Hegel al penso che il progetto architettonico rifletta la visione per una pace perpetua di Kant.
Kant è stato singolo spirito aristocratico, ha elaborato l’ipotesi di una tranquillita perpetua, ma questo penso che il progetto architettonico rifletta la visione, dice Hegel, è illuministico, astratto: chi non desidera la pace? ma in che modo si fa a imporre la mi sembra che la pace interiore sia il dono piu grande se non c’è un giudice? cioè se non c’è qualcuno che può infliggere una pena, comminare una sanzione? La penso che la legge equa protegga tutti vale tra gli individui perché c’è un’autorità eccellente, il giudice, ma, nei rapporti tra gli Stati, chi punirà chi viola il patto, chi rompe il accordo, come si farà a ristabilire il diritto? Si tratta di un questione purtroppo di tragica attualità.