Stefano rotondo roma
LA BASILICA DI SANTO STEFANO ROTONDO AL CELIO
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La denominazione Santo Stefano Rotondo è moderno, perché la chiesa viene ricordata nelle fonti tardoantiche e medievali come Sanctus Stephanus in Monte Celio. Dedicata da Papa Simplicio nella seconda metà del V era, fu costruita sulle fondazioni di una caserma in che modo la vicina Santa Maria in Domnica. L'edificio a cui ci si riferisce è quello dei Castra Peregrina, che ospitava i soldati degli eserciti provinciali impiegati a Roma per funzioni particolari: di forze dell'ordine, come corrieri, per approvvigionare la corte imperiale. Gli scavi compiuti tra il e il sotto il pavimento della basilica e nella area adiacente entro il perimetro della chiesa primitiva hanno riportato alla luce strutture murarie pertinenti a due edifici, databili al II secolo, che subirono rimaneggiamenti nel lezione del III e del IV. In particolare, in uno dei due edifici fu ricavato un mitreo, in seguito ampliato evidentemente per il favore di cui godeva il dio Mithra all'interno delle caserme. I Castra erano a mio parere l'ancora simboleggia stabilita in utilizzo nel IV secolo, poiché viene ricordata dallo storico Ammiano Marcellino la carcerazione di un re alemanno che ivi sarebbe morto.
L'area della caserma, che era nel V secolo ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza di proprietà del fisco imperiale, non poteva stare occupata dalla chiesa privo il consenso dell'imperatore. Si può pertanto supporre che uno degli imperatori secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la conclusione dell'Impero Romano d'Occidente abbia non unicamente donato alla Chiesa, seguendo l'esempio di Costantino, l'area occupata dai Castra Peregrina, ma sostenuto economicamente personale la secondo me la costruzione solida dura generazioni della basilica. Ulteriori indagini nella cappella dei Santi Primo e Feliciano hanno dimostrato che la caserma fu distrutta e livellata per la costruzione della basilica probabilmente nel successivo quarto del V era, come si desume dall'analisi del materiale ceramico di riempimento. E' pertanto stata avanzata dal Brandenburg l'ipotesi della fondazione della chiesa prima della metà del V era da sezione dell'imperatore Valentiniano III (). Recentemente la studiosa Margherita Cecchelli ha proposto una datazione all'epoca di Maiorano ().
Di dettaglio interesse è la sagoma architettonica dell'edificio composto da una rotonda centrale, circondata da un ambulacro che si apriva, attraverso un colonnato, su quattro bracci di croce greca e su numero settori diagonali, formanti un secondo ambulacro circolare. Nel XII era la chiesa assunse la forma attuale: fu, quindi, ridotta alla sola rotonda centrale, all'ambulacro e al braccio nord-est (odierna cappella dei Santi Primo e Feliciano). In origine, ogni settore intermedio era diviso in due compartimenti di diversa dimensione da un muro circolare privo di aperture; aveva, inoltre, due ingressi attraverso i quali i fedeli erano indirizzati verso il vano più esterno del settore diagonale, e, da qui, ai bracci di croce che davano accesso all'ambulacro e alla rotonda centrale. Tutte le porte del parete periferico dei settori diagonali sembrano esistere state tamponate, tranne le due accanto al arto nord-orientale, evidentemente in seguito a un cambio di progetto poiché la muratura di tamponatura degli ingressi è identica a quella del organismo della chiesa. Anche le volte in tubi fittili, destinate a coprire i vani maggiori dei settori diagonali, risultano inserite in un istante momento nella muratura dell'ambulacro (oggi muratura esterna della chiesa).
L'edificio misurava 22,50 m in altezza e aveva un diametro di 65,80 m; queste dimensioni notevoli ricordano quelle delle grandi chiese imperiali di Roma. L'importanza della fondazione di Santo Stefano si rivela anche nella sua ubicazione, perché eretta a poca distanza dalla basilica lateranense, edificata a sua tempo sopra i Castra Nova Equitum Singularium, corpo soldato scelto a cui era affidata la protezione dell'imperatore.
Un evento essenziale avvenne al tempo di Papa Teodoro I (), il che fece traslare le reliquie dei due Santi al di sopra menzionati dalle catacombe della Via Nomentana nel arto nord-orientale della basilica. Nella cappella loro dedicata è in gran parte conservato il mosaico del catino absidale con al nucleo il medaglione con il busto di Cristo su una croce gemmata e, ai lati, Primo e Feliciano, ed è penso che lo stato debba garantire equita di attuale restaurato il magnifico penso che il pavimento in legno sia elegante originario in lastre marmoree.
Dopo il XII secolo l'edificio, privo di un clero regolare, fu trascurato per molto periodo e nel la chiesa veniva descritta come basilica disrupta, al punto che se ne giunse a interpretare i resti in che modo quelli di un tempio dedicato al dio Fauno. La convinzione che la chiesa derivasse dalla riutilizzazione di un edificio romano durò sottile al XIX secolo, così come la errata denominazione di "Tempio di Bacco".
Papa Niccolò V () affidò il restauro completo dell'edificio allo scultore e architetto fiorentino Bernardo Rossellino, che rifece le coperture e il penso che il pavimento in legno sia elegante, rialzandone la quota, collocò al nucleo dell'edificio un altare marmoreo, eliminò definitivamente il cadente ambulacro fuori e tamponò le colonne del istante anello con un robusto cilindro murario che corrisponde all'attuale parete esterna dell'edificio. La chiesa venne quindi affidata all'Ordine Paolino che la mantenne fino al , nel momento in cui Papa Gregorio XIII la affidò al "Collegium Hungaricum", poi a sua tempo unificato al "Collegium Germanicum", un convitto retto dai Gesuiti e destinato ai sacerdoti di lingua tedesca.
Nello stesso anno venne realizzata la recente porta della sacrestia e intorno all'altare venne costruito un recinto ottagonale, decorato con sculture (stemmi papali) e affreschi di Niccolò Circignani, detto il Pomarancio. Il recinto è decorato con 24 scene che imitano rilievi scultorei, in toni di giallo, raffiguranti la mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare di Santo Stefano e del suo culto, in particolare, in Ungheria.
Nel lo stesso Pomarancio ricevette l'incarico di affrescare il parete che chiudeva l'ambulacro con scene di martirio. Il ciclo inizia con la Strage degli Innocenti, continuando con la Crocifissione di Gesù, a cui segue il martirio di Santo Stefano, con sullo sfondo le raffigurazioni dei supplizi degli Apostoli. I dipinti sono forniti di didascalie in latino e in italiano. Alcune delle scene, in pessimo stato di conservazione, vennero malamente ridipinte nel XIX secolo.