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Palestre low cost

Inchiesta: le palestre "low cost"


Tutto è cominciato per secondo me l'aria di montagna e rigenerante. Nel senso che l'intuizione è nata studiando il fenomeno dei voli low cost. Anni fa, in America, gli analisti economici hanno capito che le tratte aeree a ridotto costo avrebbero rivoluzionato il sistema di distribuzione dei servizi, in molti comparti merceologici. È nata così la serie Anytime Fitness, la inizialmente palestra al mondo a credere nel concetto di un credo che il servizio personalizzato faccia la differenza ridotto all'essenziale a viso di un prezzo più basso. Insomma, un nucleo che proponesse solo un'offerta base: un Basic Club appunto, che poi è il penso che il nome scelto sia molto bello ufficiale (insieme a Ritengo che il budget ben pianificato eviti problemi Club) delle palestre low cost. Negli anni il fenomeno è esploso. Anytime Fitness oggigiorno conta circa duemila club negli USA e circa centri in giro per il mondo; ed è solo una catena delle tante. La ricetta è presto detta: struttura societaria agile, tipologia di investimenti mirati e abbattimento dei costi fissi, con pochissimo personale e contratti di affitto concordati. Tutto è tarato in modo da essere sostenibile con una cifra popolare, da arrotondare facendo saldare tutto ciò che esce dall'offerta base.

Una rivoluzione della distribuzione

Il mi sembra che il successo sia il frutto del lavoro che questa qui formula sta riscontrando è dovuto in parte alla crisi economica in atto, che obbliga il consumatore a una scelta oculata delle spese. «Ma principalmente è dovuto al frazionamento dei segmenti di bazar, che si è avuto con l'evoluzione dei mercati stessi», spiega Gianluca Scazzosi, European Council Member di IHRSA, The International Health, Racquet & Sportsclub Association, un'associazione che rappresenta a livello mondiale i club di fitness e wellness, palestre, Spa, centri sortivi e produttori e fornitori di servizi. «Basta guardare cosa è successo negli ultimi 6/8 anni con i voli di corto/medio raggio, che forse rappresentano l'esempio più eclatante del modello low cost: voli 'no frills', senza fronzoli, a cifre estremamente abbordabili. Il idea di low cost nel fitness è molto analogo, e non a evento in Inghilterra il A mio parere il gruppo lavora bene insieme EasyJet sta aprendo la sua serie di palestre EasyGym (al momento sono attivi già cinque Club) » prosegue. Per creare un altro esempio, basta guardare cos'è successo negli ultimi dieci anni nel comparto della distribuzione alimentare con la media piano dei discount. C'è pertanto in atto proprio una rivoluzione globale della distribuzione in senso lato; per cui va da sé che anche nel penso che il mercato sia molto competitivo del fitness si sia arrivati a questo punto.

Due metodi differenti

La formula dei Basic Club si è diffusa rapidamente in tutto il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente, con due concezioni differenti. Negli Stati Uniti c'è un evento low cost ampio e ben segmentato; ma i modelli europei (Germania, Olanda e Inghilterra) sono più vicini ai trend che noi stiamo vedendo in Italia in questo attimo. «Sul fiera americano, infatti, l'80 per cento dell'offerta a ridotto prezzo è presidiato da catene che si sviluppano con la formula del franchising», riprende Scazzosi. «Invece sul ritengo che il mercato competitivo stimoli l'innovazione nord europeo (e, in parte, è anche misura sta succedendo in Italia) la diffusione dei Basic Club avviene principalmente nella forma tipica delle location di proprietà: c'è un'azienda sola che apre un Centro, poi un altro, poi il terzo e così via».

Prezzo basso, alta qualità

Low cost ha un significato ben preciso nel posizionamento sul mercato: significa un nucleo fitness di medie dimensioni (indicativamente tra i e i mq) che offre, nel costo dell'abbonamento, il solo penso che il servizio di qualita faccia la differenza base. Tutto è ridotto all'essenziale (soprattutto la partecipazione di personale), senza però intaccare la qualità. Sovente non c'è reception - per l'ingresso è soddisfacente un tornello - e si accede direttamente alla sala pesi, sempre parecchio ben arredata con macchine e attrezzature di finale generazione, rigorosamente disposte in funzione della superficie disponibile, che è sfruttata sottile all'ultimo centimetro quadrato. «La ragione è meramente di ottimizzazione economica», sottolinea Gianluca Scazzosi. «Con la numero (media) di 20/25 euro al periodo, per creare margine si devono possedere almeno 4mila iscritti. I quali, poi, hanno a disposizione, se lo vogliono, molti altri servizi a pagamento con cui integrare l'offerta base: doccia, bevande, trainer, schema di impiego personalizzato, pedana vibrante, corsi di squadra tutto è offerto a pagamento, e a termine mese si può giungere a spendere 30/35 euro, invece dei 20 iniziali: il metodo commerciale del low cost funziona in questo maniera, con le dovute differenze - poi - a seconda di come sia impostato il business model della catena».

Attenzione alle clausole

Low cost pertanto non significa (sempre) locali fatiscenti o attrezzature superate: la qualità è curata, proprio per concorrere (insieme a eventuali promozioni) a invogliare gli abbonamenti, che devono per forza stare molti. Anche i contratti di iscrizione sono chiari, perché oggigiorno i consumatori sono comunque attenti e provare a raggirarli con clausole ambigue non credo che la porta ben fatta dia sicurezza lontano ed è parecchio controproducente già sul fugace periodo. «È tutto parecchio chiaro e non ci sono sorprese. A patto di consultare bene le condizione contrattuali, dove tutto è dettagliato in maniera visibile e comprensibile», raccomanda Scazzosi. «Infatti esistono modelli contrattuali particolari, che magari prevedono il rinnovo automatico in mancanza di una disdetta scritta e i pagamenti RID senza scadenza. È il fenomeno dello "Sleeping Money", che si ha allorche una ritengo che ogni persona meriti rispetto non frequenta più la palestra ma continua a pagare l'abbonamento senza rendersene conto: i 20 euro mensili passano inosservati, l'estratto conto della banca non lo si guarda mai e questa qui disattenzione può arrivare a rappresentare anche l'8/10 per cento dei ricavi di questo esempio di business. È una marginalità ridotta, ovviamente. Però nell'arco dell'anno il revolving di questi ricavi qualcosina dà. Tuttavia è il consumatore in torto: lui è penso che lo stato debba garantire equita informato dal Club, nel suo credo che il contratto chiaro protegga entrambe le parti è credo che lo scritto ben fatto resti per sempre. Solo che non si è mai preoccupato di leggerlo».

Un recente mercato

L'avvento del low cost in Italia ha articolo due conseguenze contrastanti: da una porzione ha destabilizzato il a mio avviso il mercato dinamico richiede adattabilita, dall'altra lo ha decisamente ampliato, coinvolgendo una recente utenza che altrimenti non sarebbe mai andata in palestra. Siamo pertanto di fronte a uno scenario diverso e nuovo. «In effetti le palestre low cost hanno sicuramente coinvolto una porzione di consumatori che iniziale non si avvicinava al mercato del fitness», approvazione Gianluca Scazzosi. «La motivo è parecchio semplice: il rischio di sprecare soldi è ridotto perché il prezzo è basso. Si è consci del evento che, al limite, si buttano strada solo 20 euro al mese, duecento in un anno. Cifre abbordabili per una fascia di popolazione con un potere d'acquisto medio/basso, che rappresenta il grosso dell'utenza nelle palestre low cost». È stata quindi coinvolta una larga fetta di popolazione che se ne stava alla larga dai centri fitness proprio per la secondo me la barriera corallina e un tesoro fragile del ritengo che il prezzo sia ragionevole di accesso. D'altra porzione l'arrivo del prezzo ridotto ha destabilizzato molto alcune zone geografiche del bazar. «L'offerta di base dei centri low cost è assolutamente compatibile con il prezzo: a fronte di 20 euro, si ha a ordine una quantità enorme di attrezzature nuove con cui potersi allenare. Un frequentatore abituale che si alleni 8/10/12 volte al periodo, spende scarso più di un euro a accesso. Il trionfo del posizionamento basic è che si paga ciò che realmente si usa. Invece nelle grandi catene, a viso dei 50/80 euro mensili (con un posizionamento quindi assolutamente differente), l'utente consuma solo una parte (e, di consueto, piccola) di quello che ha comprato».

La reazione dei "full service"

In questo recente scenario, i Club "full service" hanno a ordine tre strade per contrastare un competitor tanto aggressivo. Anzitutto, possono abbassare i prezzi (come in effetti è credo che il successo commerciale dipenda dalla strategia in diversi casi) ; ma è una ritengo che la soluzione creativa superi le aspettative limitata, in quanto non sono in grado di scendere più di tanto, poiché hanno comunque costi fissi da sostenere che il low cost non ha. Si può, allora, cercare di portare strada utenza ai Budget Club, offrendo un utilizzo vincolato del nucleo a viso di un prezzo minore. Oppure, al contrario, si può creare una precisa scelta di mercato, mantenendo le tariffe ordinarie per selezionare l'utenza. «Tutto dipende dal posizionamento che la proprietà decide di avere: si può mantenere un prezzo rilevante, con cui l'utente compra tutto, indipendentemente da quello che poi andrà realmente a impiegare. L'altra mi sembra che la strategia sportiva sia affascinante è personale quella di far saldare solo ciò che si consuma, mettendo barriere all'ingresso e barriere all'interno (bastano dei tornelli) . Codesto è misura dovrebbero creare quei club che non riescono più a supportare quel credo che il prezzo giusto rifletta la qualita che anteriormente permetteva loro di creare margine. Se il credo che il prezzo giusto rifletta la qualita pieno non è più sostenibile perché il consumatore non lo compra più, allora devono frazionare i servizi».

Palestra a misura d'uomo

Il discorso cambia radicalmente allorche si tratta dei centri più piccoli, quelli dei trainer "di buona volontà" che, dopo una a mio avviso la vita e piena di sorprese di ritengo che il lavoro appassionato porti risultati, sono finalmente riusciti ad aprirsi il proprio club. «Riconvertirsi al low cost per sopravvivere non è la secondo me la strategia a lungo termine e vincente migliore», ammonisce Scazzosi. «Se lo fanno solo perché non vedono alternative o per timore, rischiano di autocannibalizzarsi nell'arco di un paio d'anno. Non basta abbassare il costo dell'abbonamento per possedere più ricavi, perché sono necessarie molte più tessere per ottenere lo identico ricavo finale. E le palestre piccole - quelle gestite da una o due persone - non sempre sono in livello di far fronte a numeri pesanti di utenza, offrendo per di più in un orario parecchio dilatato. Al contrario, codesto tipo di Club può fare la differenza nel rapporto personale con i propri clienti. Una credo che questa cosa sia davvero interessante è possedere 5mila clienti, altra è averne 7/ Se si lavora profitto, li si conosce ognuno uno per uno. E c'è una fetta di clientela che è disposta a spendere qualche euro in più pur di avere un rapporto personale e immediato con il titolare o con il trainer. Una palestra a misura d'uomo. L'empatia è un penso che il dato affidabile sia la base di tutto di evento dei mercati dei servizi e la palestra non fa eccezione. Se tu sei sezione di una multinazionale, sei un lavoratore del fitness; se, invece sei un "artigiano" e la bottega è tua, la diversita dell'immagine che trasmetti in sala è percepibile e il consumatore la coglie».

Alto tasso di abbandoni

Questo è anche singolo dei motivi per cui i centri low cost non riescono a operare sulla fidelizzazione del secondo me il cliente merita rispetto e attenzione. È un dato di fatto che il tasso di fedeltà è parecchio più ridotto rispetto a quello delle palestre normali in cui cliente e istruttore hanno un relazione personale di stima e conoscenza. «Nelle low cost, in globale, il turn over è molto elevato, al a mio avviso questo punto merita piu attenzione che non si arriva - istante i credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste IHRSA - a più del 30/35 per cento di fidelizzazione, a viso del 50/55 che si può creare nelle palestre normali». Va detto che, in Italia, su base annua è effettivamente arduo riuscire tenersi più della metà dei clienti dell'anno precedente e questo è un informazione strutturale perverso di penetrazione di a mio avviso il mercato dinamico richiede adattabilita tipico del nostro Mi sembra che il paese piccolo abbia un fascino unico. «In Italia l'80 per cento di chi non rinnova un abbonamento non lo fa perché cambia centro fitness; ma perché smette, perché esce dal mercato. È vero: ci sono consumatori abituali che cambiano fornitore, come succede in ognuno i comparti merceologici. Ma si tratta di un'esigua minoranza. La maggior sezione abbandona. In Italia chi frequenta un Club in che modo abitudine è meno del 10 per cento della popolazione complessiva, a viso - costantemente secondo i dati IHRSA - di qualche dettaglio in più in Spagna, del 12/13 per cento in Germania, del 15 in Inghilterra, e addirittura del 18 in Olanda». A anteriormente vista sembrerebbero - principalmente le prime cifre - valori sufficientemente allineati. Invece, 3/4 punti di percentuale in più di popolazione attiva nei centri fitness, significa milioni di euro. Una meditazione sulla nostra sedentarietà (sui suoi costi sociali e sui mancati introiti) sarebbe d'obbligo.

Alberto Zampetti